Disegno di Sergio Toppi

«Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura»(Mc 16, 15). «Se qualcuno si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando ritornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi» (Lc 9, 26).

Il reddito di cristianità se l'è inventato il Gallo del mattino da assegnare agli studenti scesi nelle strade d'Italia per manifestare pacificamente e rivendicare un loro diritto, cioè, un pianeta pulito e vivibile come Dio l'ha fatto. Protestano per loro, per le generazioni future e per noi adulti, buontemponi, che siamo capaci di stipulare trattati internazionali per chiudere il buco dell'ozono e ce ne dimentichiamo il giorno dopo. Tanto fumo e niente arrosto.
Non a caso Avvenire, ha dato un ampio spazio all'evento che si è svolto il 15 marzo scorso, lo sciopero mondiale per il futuro, al quale hanno partecipato moltissimi studenti in 1700 città di oltre 100 paesi nel mondo (un milione solo in Italia). Greta Thunberg, la portabandiera ecologica, 16 anni, svedese, candidata al premio nobel per la pace, è intervenuta a Stoccolma. Ha ricordando ai politici che occorre dare ascolto agli scienziati preoccupati sul clima del pianeta, perché il tempo è scaduto, e che il nostro mondo tra pochissimi anni può autodistruggersi. La Commissione europea ha risposto dicendo di aver capito la richiesta dei giovani e di stare agendo in quella direzione. Altri hanno disprezzato la ragazza definendola rompiscatole, affetta dal morbo di Aspergen, cioè, autistica.
Per noi, e non solo per noi, è una giovane cristiana in linea con l'enciclica di Papa Francesco Laudato si' (2015). A lei, come a tutti coloro che la seguono, spetta il reddito di cristianità. Sono d'accordo e “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25).
Il reddito di cristianità non costa niente in denaro, ma costa molto “ai sapienti e intelligenti” incapaci di dialogo, di conversione, di impresa creativa. Osservo il nostro Gallo un po' perplesso. Che c'è? “Sto pensando alla 'cristianità' della categoria degli adolescenti. La maggioranza di loro, dopo la cresima, gira al largo dalle chiese e dai preti, e chissà se li vedremo di nuovo genuflessi quando si sposeranno”. Sembra, tutto a un tratto, un vecchio curato che non si fida più di Domeniddio. Un vento leggero gli solleva le penne.
Facciamo così: estendiamo il reddito a una fascia più ampia e stabiliamo una griglia di ingresso. Il reddito è dovuto a chi risponde ai seguenti requisiti: residente sul pianeta terra; iscritto al sindacato dei costruttori di pace; socio sostenitore della carta universale dei diritti umani; pronto alla raccolta differenziata dei rifiuti. A Greta Thumberg, la nostra Pippi Calzelunghe, concederei due 'bonus' in più. Il primo, perché è riuscita dove molti esperti di comunicazione hanno fallito, facendo scendere in strada gli adolescenti che nemmeno le cannonate riescono a staccare dal telefonino. Il secondo, perché ci ha fatto scoprire che esiste la lingua svedese, non solo l'inglese, per comunicare con il mondo: Skolstrejk för klimatet (Sciopero della scuola per il clima). At salut.

«Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
L’uomo non è stato creato per rovinarsi la vita. Non si può neanche immaginare che, fornito di ragione, egli lo desideri. E tuttavia tutto sembra svolgersi in modo che ciò avvenga, a tale punto che si arriva a dubitare dei propri desideri di pienezza e perfino a negare la loro possibilità. Un fatto nuovo è accaduto nella storia, che “molti profeti e re hanno voluto vedere e non hanno visto, e udire e non hanno udito”. Una Presenza inevitabile, provocatoria, di un’autorità fino ad allora sconosciuta, che ha il potere di risvegliare nel cuore dell’uomo i suoi desideri più veri; un Uomo che si riconosce facilmente come la Via, la Verità e la Vita per raggiungere la propria completezza. Il momento è quindi decisivo, grave. Quest’uomo chiama tutti quelli che sono con lui a definire la propria vita davanti a lui. Ma c’è un’ultima e misteriosa resistenza dell’uomo proprio davanti a colui di cui ha più bisogno. Bisogna quindi ingaggiare una battaglia definitiva perché l’uomo ritrovi il gusto della libertà. E Cristo lotterà fino alla morte, per dare “una dolce speranza e per concedere dopo i peccati la possibilità di pentirsi” (cf. Sap 12,19). Ma non tentiamo di ingannarci. Ci troviamo nelle ultime ore decisive. Cristo può, in un ultimo momento di pazienza, prolungare il termine, come fa per il fico della parabola, ma non lo prolungherà in eterno!

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,1-9)

«Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Dalla Parola del giorno
«...No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Conversione
Spero che il soggiorno sul Tabor abbia travasato un po' della luce della Sua Parola in ciascuno dei nostri cuori. Ho ricevuto molte mail in questi giorni. Storie diverse, situazioni complicate, novità inaspettate, eppure tutte legate dal desiderio di lasciarsi plasmare dallo Spirito, di superare le resistenze dell'uomo vecchio e abbandonarsi all'imprevedibile fantasia di Dio. Quanta ricchezza! Le letture di questa terza domenica si intrecciano sul tema della conversione, parola chiave del tempo quaresimale. Due fatti tragici vengono portati alla luce nel testo del Vangelo: la brutale repressioni di Ponzio Pilato contro i giudei durante una celebrazione religiosa ("il sangue mescolato con quello dei sacrifici" v.1) e la rovinosa caduta della torre di Siloe che uccide 18 persone. Mi piace guardare a come Gesù si pone davanti a questi fatti di cronaca. Noi ci saremmo sicuramente fermati ai luoghi comuni sul destino e la fatalità... Gesù no! Gesù rifiuta il fatalismo e gli schemi meccanici della retribuzione. Il Rabbì di Nazareth legge questi fatti come un invito alla conversione: "se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo" (vv.3.5). Ed è su questo tema che vorrei fermare la nostra attenzione. A volte c'è il rischio di ridurre la conversione solo ad una questione di gesti o atteggiamenti: togliere qualche vizio e far crescere qualche virtù, cioè tentare di essere più buoni e più bravi. Tutto questo è certamente importante, ma rischia di essere sterile e superficiale, se non corrisponde anche ad una conversione del cuore, ad una virata radicale sui passi di Cristo. Ai ragazzi del catechismo faccio l'esempio del muro pieno di macchie di umidità. Posso tinteggiarlo una volta al mese, mettere qualche bel quadro o coprirlo con un armadio, oppure posso andare a vedere dov'è il problema, cambiare il tubo rotto o aggiustare le perdite del tetto. La nostra conversione quaresimale non può ridursi ad opera di copertura o, peggio ancora, di nascondimento. Dobbiamo abbandonare l'illusione o la pretesa di essere gli architetti della nostra esistenza e dichiarare seriamente e serenamente che abbiamo bisogno di Lui. Coraggio, cari amici! Se la vostra vita cristiana vi sembra irrimediabilmente arida, se vi appare impossibile uscire da situazioni ingessate, se dopo tutti i buoni propositi che vi siete fatti non è ancora cambiato nulla, non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento! Guardate al fico della parabola di Gesù: è tre anni che non produce un bel niente, ma il contadino chiede ancora tempo al padrone. La conversione è ancora possibile, questo è tempo di misericordia! Occhio però: niente scoraggiamenti, ma anche niente accomodamenti! Dio è un padre buono, non un vecchietto smemorato... Il tempo della misericordia si dilata per rendere possibile la conversione e non per rimandarla all'infinito! Animo, fratello, ora è il momento della conversione!
Buona Quaresima!

don Roberto Seregni
Ti preghiamo, Signore Gesù, il Tuo Spirito ci guidi in un cammino autentico di conversione a Te. Fa' che abbandoniamo le strade comode e meschine del tornaconto. Fa' che ci lasciamo alle spalle le pretese del nostro orgoglio e le sue amare ferite che ci imprigionano nella tristezza. Fa' che le nostre mani si schiudano nel dono, germogliando speranza e misericordia. Il Tuo Spirito ci guidi sui Tuoi passi, ci faccia cercatori umili e appassionati del Tuo Volto. Maria, madre Tua e madre nostra, aggiunga ciò che manca alla nostra preghiera. Amen.
Spesso in passato si è detto in riferimento alla parabola del fico: "Che cattivo Gesù! Perché non ha ancora pazienza! Perché è così duro?". In realtà la parabola vuol dire: tu sei quel fico. Tu puoi portare frutto; tu puoi vivere in maniera feconda, puoi essere felice, puoi svilupparti e realizzarti. Questo tu lo puoi: come il fico tu puoi portare frutto. La vita inoltre ti dà delle occasioni speciali, particolari, ti fa incrociare delle situazioni uniche affinché questo avvenga. La vita, in modi diversi, in certi momenti dà a tutti la possibilità di portare frutto. Tutti noi abbiamo avuto degli incontri che ci portavano in una certa direzione. Tutti noi abbiamo incontrato delle persone che ci facevano respirare un'altra aria. Tutti noi abbiamo incrociato qualcuno che ci diceva: "Vieni di qua; provaci; dai che ce la puoi fare!". Tutti noi abbiamo vissuto delle situazioni (morte di un amico, di un caro; un momento difficile di vita; una sofferenza interiore; una malattia, ecc) che ci chiamavano a vivere diversamente. Cosa abbiamo fatto in quelle situazioni? Perché rinuncia oggi e rinuncia domani, posticipa, rimanda, tralascia, abbandona, evita, rifuggi oggi e rifuggi domani, verrà un giorno in cui non sarà più possibile "fare domani". Ecco che l'albero verrà tagliato: non c'è più niente da fare. Il fico viene tagliato perché dentro è morto, non c'è altro da fare. È così: se tu rifiuti certe proposte della vita, verrà un momento in cui sarai così vuoto, così distaccato da te, così morto nell'anima, così incapace di guardarti dentro, che sarà troppo tardi. Non è un giudizio o una condanna di Gesù, è solamente una conseguenza delle nostre scelte: troppo tardi.

Disegno di Sergio Toppi

Sentire il "vive in me Cristo" è assecondare e accompagnare la Chiesa nel suo difficile cammino di oggi. Sempre protesi in avanti! (APim, p. 147).

Gesù ci chiama a cambiare il cuore, a fare una radicale inversione nel cammino della nostra vita, abbandonando i compromessi con il male – e questo lo facciamo tutti, i compromessi con il male – le ipocrisie: io credo che quasi tutti ne abbiamo almeno un pezzetto di ipocrisia –, per imboccare decisamente la strada del Vangelo. Ma ecco di nuovo la tentazione di giustificarci: “Ma da che cosa dovremmo convertirci? Non siamo tutto sommato brava gente?”. Purtroppo, ciascuno di noi assomiglia molto a un albero che, per anni, ha dato molteplici prove della sua sterilità. Ma, per nostra fortuna, Gesù è simile a quel contadino che, con una pazienza senza limiti, ottiene ancora una proroga per il fico infecondo: «Lascialo ancora quest’anno – dice al padrone – […] Vedremo se porterà frutto per l’avvenire» (v. 9).

All’Angelus: Piazza San Pietro – III Domenica di Quaresima, 28 febbraio 2016

Tre donne andarono alla fontana per attingere acqua. Presso la fontana, su una panca di pietra, sedeva un uomo anziano che le osservava in silenzio ed ascoltava i loro discorsi. Le donne lodavano i rispettivi figli. "Mio figlio", diceva la prima, "è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari". "Mio figlio", sosteneva la seconda, "canta come un usignolo. Non c'è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua". "E tu, che cosa dici di tuo figlio?", chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio. "Non so che cosa dire di mio figlio", rispose la donna. "E' un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale...". Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle. Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti. Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l'altro. Le donne lo guardavano estasiate: "Che giovane abile!". Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell'aria come un usignolo. Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: "E' un angelo!". Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei. Le donne si rivolsero al vecchio: "Allora che cosa dici dei nostri figli?". "Figli?", esclamò meravigliato il vecchio. "Io ho visto un figlio solo!". "Li riconoscerete dai loro frutti" (Matteo 7,16).
Bruno Ferrero

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