Ricchi e senza pagare tasse

San Pietro in Gallicantu è il titolo di una chiesa costruita nel 1931 sul versante orientale del monte Sion a Gerusalemme. Il nome, in latino, deriva dall'episodio evangelico di Pietro che nega tre volte di conoscere Gesù. E “subito il gallo cantò” (Lc 22, 60), annota l'evangelista Luca, ricordando ciò che il Maestro aveva preannunciato al capo degli Apostoli durante l'ultima Cena, nascondendo, e rivelandoci poi, le lacrime e il risorgere di Pietro.
Questa è la spiegazione del titolo della nuova rubrica che nasce su Nostro Tempo. È dedicata alla Lettera dell'Arcivescovo Erio Castellucci, scritta per l'Anno Pastorale 2018-19 e indirizzata a un pubblico vasto: clero, religiosi, fedeli, tacitamente ai fratelli di altre confessioni religiose e a quelli che sono, secondo noi, diversamente abili a Cristo, ma abitanti nella Diocesi di Modena-Nonantola. Le annotazioni che faremo hanno il modesto compito di non voler nascondere “sotto il moggio” la lucerna accesa, per vederne bene la luce, e per risvegliare la nostra mente, la volontà e il cuore, ogni giorno che comincia al canto del gallo.
Il gallo è un po' sorpassato come sveglia. È vero, da mo' che è andato in pensione. Addirittura è sconosciuto alle giovani generazioni, Il gallo che sveglia al mattino non si sente più nelle città e nelle campagne. Noi tuttavia possiamo riportarlo al suo vecchio mestiere, lo ri-assumiamo con un contratto ecclesiale e gli diamo un ufficio nuovo a Piazza Grande.
Il nostro gallo ha già lanciato il suo primo chicchirichì chiaro e forte. È nel titolo ispirato della Lettera Pastorale: “Al di là dei propri mezzi” (2Cor 8, 3), una frasetta tratta dalla seconda lettera di San Paolo ai cristiani di Corinto, dove si parla di una colletta, di raccolta fondi, a favore della Comunità cristiana di Gerusalemme, che versa in brutte acque. Don Erio, nel titolo, tira in ballo San Paolo, un pezzo da novanta, che sapeva parlare nelle piazze, e meglio ancora alle comunità. San Paolo riusciva a ribaltare i concetti umani, come faceva Gesù. Ad esempio, chi dona non si impoverisce, ma diventa più ricco. Ricchi e senza pagare tasse. Per noi, che siamo amministratori di cose piccole, piccoli contabili, non è facile capire. Bisogna ri-abituarci ad essere chiesa, comunità, ad essere seguaci di Cristo. Non solo per sentire la sveglia del mattino del nostro gallo, ma anche per vedere meglio, con vista d'aquila, la filigrana che traspare dalla Lettera pastorale, e cioè a scoprire il Vangelo delle Beatitudini: “Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5, 3). In trasparenza, con gli occhi della fede, si vede bene.
Leggete il capitolo primo della Lettera (La Comunità che dona si arricchisce). Leggendo ci sorprende anche il tono mite, così raro ai nostri tempi, che prosegue per tutto il testo, senza grida di allarme, con un suono carezzevole, pastorale.

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