Disegno di Sergio Toppi

«Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura»(Mc 16, 15). «Se qualcuno si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando ritornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi» (Lc 9, 26).

Melanie Knecht, 29 anni e Trevor Hahn, 42 sono due giovani che vivono negli Stati Uniti, in Colorado. Lei è affetta da spina bifida, non può camminare e vive su una sedia a rotelle. Lui a causa di un glaucoma non ci vede più, ma insieme scalano le montagne. Trevor porta Melanie sulle spalle e lei gli indica la strada. Dice infatti la donna: “Io sono i suoi occhi e lui le mie gambe”. Hanno iniziato con le passeggiate. Poi sono passati alle colline. Ora Melanie Knecht e Trevor Hahn si apprestano ad affrontare i 4mila metri. I due hanno un account Instagram, sul quale documentano le loro avventure su per le Montagne Rocciose in Colorado. Non arricchiranno l'epopea del West, come le carovane dei pionieri, gli indiani all'assalto, e l'immortale John Wayne, ma i nostri ci appaiono lo stesso due eroi. «Mi piacerebbe essere vicino a Melanie e Trevor per svegliarli all'alba, cavalcare accanto a loro, laggiù a Durango». Romantico il Gallo del mattino, che prima di pronunciare la frase si è attaccato al petto la stella da sceriffo. Guardare avanti e camminare, ammirare la vetta e raggiungerla. I nostri due amici, insieme, hanno superato il buio e l'immobilità. E i nostri ragazzi? Chissà quali vette potrebbero raggiungere se qualcuno li guidasse con amore. Don Erio, nella sua lettera pastorale 2019-2020 per l'iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi, parla di un «signore che promette il massimo». «Se tu conoscessi il dono di Dio», dice Gesù alla Samaritana vicino al pozzo di Giacobbe. È un invito a fare gioco di squadra. Mettiamoci le cuffie-auricolari, facciamo salire sulle spalle i nostri figli, camminiamo e ascoltiamo... «Il metodo catechistico sbagliato è quello di mortificare l'umano per far risplendere il messaggio evangelico, insistendo sull'inconsistenza delle cose terrene... Un annuncio che metta l'accento sulla condanna di tutto ciò che è materiale, rischia semplicemente di allontanare le persone e di allontanarsi dallo stile di Gesù... Se il Verbo si è fatto carne, ogni carne è assunta dal Verbo, ogni espressione umana porta incisa dentro di sé un bisogno di pienezza... Chi è sempre vissuto in pianura, sta bene lì e non desidera gli Appennini... le Alpi... (le Montagne Rocciose)... L'annuncio della speranza evangelica non ha solo la funzione di rispondere ai bisogni coscienti, ma anche quella di suscitare bisogni profondi, inquietudini salutari: perché Dio ha creato l'uomo per le vette» (Lettera Pastorale, cap. 4) «La pianura è bassa - commenta il Gallo - e le ore che i ragazzi passano seduti nei banchi per la dottrina sono pianura». Ma come vivere gioiosamente in volo gli incontri di catechismo? Don Erio suggerisce: «I bambini e i ragazzi, a differenza di molti adolescenti, apprezzano la presenza dei genitori e dei nonni nelle loro attività (catechistiche) e queste iniziative diventano occasioni di crescita per l'intera famiglia» . Il Gallo mi svolazza sulla spalla e dice: «Che ne pensi di una camminata in salita verso Zocca, il Monte Cimone...». «Insieme? Si può fare».

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«Signore, ricordarti di me quando entrerai nel tuo regno».
I membri del Sinedrio, che avevano consegnato Gesù a Pilato e ai soldati che dovevano crocifiggerlo, pensavano di essersi liberati di un uomo pio, certo, ma pericoloso politicamente. Ora, essi sono ai piedi della croce e lo scherniscono chiamandolo Messia, eletto di Dio, re. Ma Gesù, proprio in quanto Messia e Re nel compimento del piano eterno di salvezza, ingaggia sulla croce una lotta sanguinosa contro Satana, che aveva soggiogato l’uomo sull’albero del paradiso. Ora, sull’albero della croce, Cristo gli inferisce un colpo mortale e salva l’uomo. Gesù poteva scendere dalla croce e salvarsi; ma non l’ha fatto, perché altrimenti non ci avrebbe salvato. Ed ecco che raccoglie i frutti della sua passione: uno dei due ladroni crocifissi ai suoi fianchi confessa i propri peccati ed esorta l’altro a fare lo stesso, ma, soprattutto, professa la sua fede: Gesù è Re! Il Re crocifisso gli assicura in modo solenne: “Oggi sarai con me in paradiso”. Adamo aveva chiuso a tutti le porte del paradiso, Gesù, vincitore del peccato, della morte e di Satana, apre le porte del paradiso anche ai più grandi peccatori, purché si convertano, sia pure nel momento della loro morte. Del resto, noi ben conosciamo molte conversioni simili.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23,35-43)

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Dalla Parola del giorno
«Signore, ricordarti di me quando entrerai nel tuo regno».

Un re così?
Ogni anno mi preparo con cura alla festa di Cristo Re. E’ un appuntamento importante per la mia fede, per quella della mia comunità e per i molti amici che leggono queste riflessioni ogni settimana. Dopo un anno di cammino, prima di tuffarsi nel tempo dell’Avvento, la liturgia ci mette davanti agli occhi la novità scandalosa, l’inaspettata sovversione di un Dio che presenta la sua regalità dal trono della Croce. Forse qualcuno si sarebbe aspettato che la liturgia proponesse come brano evangelico uno dei grandi discorsi del Rabbì di Nazareth o il resoconto di una sua prodigiosa guarigione. Invece no. Al centro del Vangelo di oggi c’è l’evento della Croce. Durante questo anno in compagnia dell’evangelista Luca, ci siamo davvero convinti che questo è il nostro re? Abbiamo seriamente messo in discussione le immagini non evangeliche della nostra fede per accogliere il Volto di Dio rivelato da Gesù? Abbiamo davvero scelto di essere discepoli di un Dio così? Luca parla dello spettacolo della Croce (Lc 23,48). Uno spettacolo inatteso, che ha deluso e allontanato gli amici più intimi di Gesù; Lui si è caricato la Croce sulla spalle e loro le spalle le hanno voltate, condannandolo alla solitudine. E’ lo spettacolo del Figlio di Dio che svela nella sua nudità crocifissa il vero volto di Dio. Nessun effetto speciale, nessuna flotta di angeli soccorritori, nessuna controfigura. Lui nudo, straziato, scarnificato è la trascrizione più vera del volto di Dio, la manifestazione più limpida della sua regalità d’amore. Quell’uomo appeso alla croce, abbandonato e tradito è il nostro Dio, è il nostro re. Questa mattina mi sono fermato nella bellissima chiesa di San Martino di Tirano. Da poco è stato restaurato ed esposto un imponente crocifisso della fine del 1500. Mi siedo. Lo guardo. Davvero lo voglio un Dio così? Davvero lo vogliamo questo re crocifisso? Un Dio senza bacchetta magica, che si china sui piedi dei suoi discepoli e li lava con cura, un Dio che consegna la sua memoria nel fragile gesto del pane spezzato, che non toglie il dolore ma lo condivide, che non ci salva dalla morte ma nella morte, che perdona e giustifica i suoi assassini, che sceglie come primo inquilino del nuovo Regno il malfattore crocifisso al suo fianco, che muore abbandonato da tutti i suoi amici, che nella solitudine più totale e straziante consegna il suo spirito al Padre. Sicuri? Lo vogliamo, lo scegliamo davvero un re così? A voi, amici lettori, compagni di cammino, prima di iniziare il tempo dell’attesa, spetta la risposta alla domanda più urgente della fede.

Buona Settimana
don Roberto Seregni

"O Dio, fonte di ogni paternità, che hai mandato il tuo Figlio per farci partecipi del suo sacerdozio regale, illumina il nostro spirito, perché comprendiamo che servire è regnare, e con la vita donata ai fratelli confessiamo la nostra fedeltà al Cristo, primogenito dei morti e dominatore di tutti i potenti della terra". Amen.

Su che cosa noi e tutti gli altri abitanti della Terra saremo giudicati? “E saranno riunite davanti a Lui tutte le genti. Allora il Re dirà: Venite, benedetti, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare... E se ne andranno i giusti alla vita eterna.”

Disegno di Sergio Toppi

Ricostruite in me Voi stesso... Vi voglio lasciar libero di far quello che volete... Lavoratemi... "finchè sia formato Cristo in voi!..." (APim, p. 155).

La solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo corona l’anno liturgico e questo Anno santo della misericordia. Il Vangelo presenta infatti la regalità di Gesù al culmine della sua opera di salvezza, e lo fa in un modo sorprendente. «Il Cristo di Dio, l’eletto, il Re» (Lc 23,35.37) appare senza potere e senza gloria: è sulla croce, dove sembra più un vinto che un vincitore. La sua regalità è paradossale: il suo trono è la croce; la sua corona è di spine; non ha uno scettro, ma gli viene posta una canna in mano; non porta abiti sontuosi, ma è privato della tunica; non ha anelli luccicanti alle dita, ma le mani trafitte dai chiodi; non possiede un tesoro, ma viene venduto per trenta monete... Oggi, cari fratelli e sorelle, proclamiamo questa singolare vittoria, con la quale Gesù è divenuto il Re dei secoli, il Signore della storia: con la sola onnipotenza dell’amore, che è la natura di Dio, la sua stessa vita, e che non avrà mai fine (cfr 1 Cor 13,8).

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo Piazza San Pietro Domenica,
20 novembre 2016

La Tentazione

In una giornata estiva molto calda, un brac­ciante agricolo ricevette l'ordine di vangare il giardino del suo padrone. Si mise al lavo­ro di malavoglia, e cominciò ad inveire con­tro Adamo che, a suo parere, era l'unico re­sponsabile di ogni sfruttamento. Le sue bestemmie e imprecazioni giunsero all'orecchio del padrone. Il quale gli si avvi­cinò e gli disse: «Ma perché inveisci contro Adamo? Scommetto che al suo posto avre­sti fatto la stessa cosa». «No di certo», rispose il bracciante, «io avrei resistito alla tentazione!». «Vedremo!» disse il padrone e lo invitò a pranzo. All'ora stabilita, il badilante si presentò in casa del padrone e questi lo introdusse in una saletta dove c'era una tavola imbandita con ogni ben di Dio. «Puoi mangiare tutto quanto vuoi» disse l'uomo al suo dipendente. «Soltanto la zup­piera coperta al centro della tavola non la devi toccare finché non torno». Il badilante non aspettò neppure un minu­to: si sedette al tavolo e con il suo formidabile appetito cominciò ad assaggiare una dopo l'altra le leccornie che gli venivano servite. Alla fine il suo sguardo fu magnetiz­zato dalla zuppiera. La curiosità lo fece quasi ammattire, tanto che alla fine non resistette più e, con la mas­sima circospezione, sollevò appena appena il coperchio che copriva la zuppiera. Saltò fuori un sorcio. Il badilante fece l'atto di acciuffarlo, ma il topo gli sgusciò di mano. Ini­ziò la caccia, mentre il giovane rovesciava tavoli e sedie. Il gran baccano richiamò il padrone. «Hai visto?» chiese, e ridendo lo minacciò: «Al tuo posto, in futuro, non imprecherei più a voce alta contro Adamo e il suo errore!».

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