Disegno di Sergio Toppi

«Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura»(Mc 16, 15). «Se qualcuno si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando ritornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi» (Lc 9, 26).

Il fascio e la corona monarchica furono sepolti ufficialmente il 2 giugno 1946, 73 anni fa, quando nacque la Repubblica italiana, dopo un referendum a suffragio universale, il primo, che determinò la forma di costituzione repubblicana dello Stato per volere della maggioranza del popolo. Il risultato della consultazione popolare, fu di 12 milioni e 717.923 voti per la repubblica e di 10 milioni 719.284 per la monarchia. Non fu una scelta facile, né plebiscitaria. Ma questa è un'altra storia. Oggi, dunque, è festa della Repubblica, e capita nell'anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi, pace all'anima sua, che ci riporta più indietro nel tempo, all'Unità d'Italia del 1861. Qualche ricordo di storia patria non ci fa male. Nel '46 eravamo reduci dalla seconda guerra mondiale, con tante macerie materiali e morali tutt'intorno. La neonata Repubblica si sobbarcava il compito di intraprendere un nuovo cammino, di pacificazione e di ricostruzione. Tante cose sono accadute da allora: il boom economico della ricostruzione, gli anni di piombo del terrorismo, la nascita dell'Unione Europea, la tangentopoli della corruzione politica, l'introduzione della moneta unica nei Paesi dell'Unione, l'abolizione dei passaporti per circolare, l'arrivo imprevisto in Europa degli extra comunitari. Il Gallo del mattino mi ascolta distrattamente. <<Che succede stamattina?>>, gli faccio. E lui, si mette a fare il politologo: <<Perché gli umani non copiano da noi, che non facciamo guerre, né parate militari?>>. Controbatto: <<Gli umani vivono in altro modo, in uno spazio più grande, e fischiano quando c'è un solo gallo a cantare>>. Il silenzio che segue è imbarazzante. L'ha presa come un'offesa personale. Del resto, che ne può sapere un gallo di democrazia? Lui scuote i bargigli e mi viene incontro: <<Bisognerebbe creare una medaglia della democrazia, un conio bello e chiaro per tutti, come per una moneta di valore>>. <<Fammi un esempio>>. <<Il conio ha due facciate. Nella prima metti i diritti umani universali: la vita, il cibo, l'istruzione, la dignità della persona umana, senza distinzione di colore della pelle, di religione, di censo. Nell'altra facciata evidenzia la diversità delle radici culturali dei popoli, della loro storia, del credo religioso. Un insieme armonico su due facce>>. Vado a cercare nel barattolo delle nostalgie, dove conservo alcune vecchie monete di metallo, le 1000 lire, le 500 lire con le caravelle, e altre monetine del passato, per osservarne il conio. Coniare una moneta non è così facile. Bisogna avere la capacità di dare concretezza a un'idea che poi deve circolare. Le metto a confronto con l'Euro. Sulla moneta unica, che abbiamo adottato nel 2002, ci sono gli Stati d'Europa da una parte e dall'altra le diversità nazionali. Più o meno quello che suggerisce il Gallo. Mi rendo conto che il “conio della democrazia” richiede un lavoro lungo, paziente, un'applicazione quotidiana di cesellatura, sapendo che bisogna ricominciare, quando si commette l'errore delle tre caravelle con le bandiere tese contro vento.

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«Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo».
La morte di Gesù ha costituito uno scandalo per i suoi discepoli, perché essi si erano plasmati un Cristo senza croce. Ma Gesù di Nazaret è il Messia; e non esiste altro Messia che il crocifisso e il glorificato. È attraverso la catechesi del Signore, risuscitato, che i discepoli capiscono che il Messia doveva soffrire e risuscitare dai morti. Era il disegno di Dio manifestato nelle Scritture. Il senso della croce e dell’accompagnamento dei discepoli sulla croce, si scontra con l’intelligenza, con il cuore e con i progetti dell’uomo. Affinché i discepoli possano essere i testimoni autorizzati di Gesù Cristo, non solo devono comprendere la sua morte redentrice, ma anche ricevere lo Spirito Santo. Gesù si separa dai discepoli benedicendoli e affidandoli alla protezione di Dio Padre. Ascensione del Signore al cielo e invio dello Spirito Santo, per fare dei discepoli dei testimoni coraggiosi e per accompagnarli fino al ritorno di Gesù, sono strettamente collegati. Lo Spirito Santo aumenterà la potenza della parola del predicatore e aprirà l’intelligenza degli ascoltatori. Della vita fragile del missionario egli farà una testimonianza eloquente di Gesù Cristo morto sulla croce e vivo per sempre. Nel mondo, al fianco dei discepoli, lo Spirito Santo sarà il grande Testimone di Gesù.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,46-53)

«Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Dalla Parola del giorno
«Ascende il Signore tra canti di gioia. Acclamate Dio con voci di gioia».

Verso il cielo
Questa mattina sono rimasto un po' con il naso in su. Scrutavo il cielo e ripensavo a Betania, a quell'ultimo saluto, a quella benedizione, a quello stacco verso il cielo che Luca ci racconta nelle ultime righe del suo Vangelo. Come ogni anno, quando medito il brano dell'Ascensione, non riesco a non chiedermelo: perché non è rimasto? Non sarebbe stato tutto più facile? Perché non è rimasto, bellissimo e glorioso, in mezzo ai suoi discepoli di ogni tempo? Sarebbe stato meraviglioso gustare il timbro della Sua voce, annusare il Suo profumo, camminare al Suo fianco come i dodici e lasciarsi incontrare, amare, ribaltare la vita dalla Sua Parola! Sarebbe stato fantastico guardare le Sue mani trafitte e ricordarci che è la vita donata per amore che risorge, che quello che tengo per me diventa una zavorra e quello che dono mi si moltiplica tra le mani. Sì, sarebbe stato fantastico... Poi ci ripenso, rileggo con calma il brano di Luca e ancora mi lascio stupire. No, la Sua non è una fuga, ma un ritorno. Il Figlio ritorna al Padre. Il Risorto entra nella comunione della Trinità. Ogni anno ci penso e ci ripenso: questa festa è davvero sconvolgente! L'umanità di Gesù, trasfigurata dalla resurrezione, entra nella comunione della Trinità! Ma ci pensate? Gesù ritorna al Padre e si porta dietro tutta la nostra umanità! Grande Gesù! Sì, hai capito bene! Il Risorto torna al Padre con il suo corpo trafitto e trasfigurato, porta in Dio tutte le luci e le ombre della nostra umanità. Niente di ciò che è umano è lontano dallo sguardo del Padre. Lui sa la tua fatica davanti a quel bivio, Lui sa la tua gioia per l'amore ritrovato, Lui sa la tua delusione per quel tradimento, Lui conosce le tue lacrime ogni volta che passi davanti a quel letto vuoto, Lui sa il subbuglio del tuo cuore, Lui sa la fatica della distanza, Lui sa la gioia e lo slancio di questa nuova scelta di vita, Lui sa... Che Dio stupendo ci ha rivelato Gesù e che missione impegnativa ci affida prima di salire al cielo! Il Suo Volto, sottratto alla vista con l'ascensione, deve essere reso presente dal volto della chiesa missionaria! L'annuncio a tutte le genti non è un optional della rivelazione di Gesù. Luca compone una triade fondamentale: "il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati" (vv. 46-47). Morte, resurrezione e missione sono eventi incatenati dalla rivelazione. Mi fermo. Rileggo tutto e mi riaffaccio alla finestra. Un piccolo spiraglio di sole si è aperto sul Masuccio e la neve appena caduta brilla di freschezza. Invoco lo Spirito perché anche le nostre comunità brillino nel mondo con la luce e la freschezza del Risorto. Invoco lo Spirito del Risorto, perché abbiamo davvero bisogno del suo soffio potente per superare le nevrosi pastorali che spesso ci appesantiscono, per ritrovare la carica profetica dell'annuncio del Vangelo, per mettere al centro l'essenziale, per testimoniare che il Risorto è vivo in mezzo a noi, per avere il coraggio di allontanarci dalla riva, smettere di sgambettare dove si tocca e prendere il largo sulla sua Parola. Invoco lo Spirito perché la Chiesa - questa Chiesa - sia trasparenza del Risorto.

In attesa della Pentecoste, buona Settimana!
don Roberto Seregni
Gesù, avrei voluto esserci! Anch'io bisognoso del tuo Spirito perché m'insegni a capire. Abbi pazienza Maestro, sono duro di cervice. Tardo nell'intendere. Apri il sepolcro delle mie tristezze, dove gelosamente custodisco i ricordi delle sconfitte, e le delusioni per le ferite subite. Aiutami ad accogliere l'invito d'essere operativo, senza per questo desiderare d'esser potente per la gloria personale. E insegnami, guardando la tua croce, a dirigere il mio sguardo dove tu abiti, senza perdere di vista il luogo dove io dimoro.
Gesù non si stacca mai da noi, ma vive nella sua comunità e dentro la nostra stessa vita, nei nostri gesti e parole, anche quando questi non sembrano così perfetti e ci accorgiamo del nostro limite. Una fede matura non è quella senza dubbi e granitica (le statue di granito sono infatti solide ma morte), ma è quella che mette sempre il punto interrogativo anche quando ci sentiamo lontani da Dio o sentiamo Lui lontano, e ci verrebbe la voglia di mettere in discussione tutto. L'ascensione è un invito a sentire il cielo, cioè Dio, sempre aperto verso di noi. Anche quando avvertiamo forte la distanza tra noi e Dio, il Vangelo ci ricorda che sarà sempre Dio a scendere con il suo amore verso di noi, in qualsiasi bassezza ci troviamo. Anche San Paolo pensando a Gesù che sale in cielo scrive ai cristiani di Colossi: «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» (Col 3,1). Cercare Gesù, sempre... soprattutto.

Disegno di Sergio Toppi

Tieni sempre presente la tua missione, come la stella del tuo cammino, ideale della vita, ragione della tua esistenza, oggetto del rendiconto nel giudizio particolare. Vivi per essa, pensa, lavora (ACV, 195)

Prima di separarsi dai suoi amici, Gesù, riferendosi all’evento della sua morte e risurrezione, aveva detto loro: «Di questo voi siete testimoni» (v. 48). Cioè i discepoli, gli apostoli sono testimoni della morte e della risurrezione di Cristo, in quel giorno, anche della Ascensione di Cristo. E in effetti, dopo aver visto il loro Signore salire al cielo, i discepoli ritornarono in città come testimoni che con gioia annunciano a tutti la vita nuova che viene dal Crocifisso Risorto, nel cui nome «saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati» (v. 47). Questa è la testimonianza – fatta non solo con le parole ma anche con la vita quotidiana – la testimonianza che ogni domenica dovrebbe uscire dalla nostre chiese per entrare durante la settimana nelle case, negli uffici, a scuola, nei luoghi di ritrovo e di divertimento, negli ospedali, nelle carceri, nelle case per gli anziani, nei luoghi affollati degli immigrati, nelle periferie della città… Questa testimonianza noi dobbiamo portare ogni settimana: Cristo è con noi; Gesù è salito al cielo, è con noi; Cristo è vivo!

Al Regina cœli - Piazza San Pietro - Domenica, 8 maggio 2016

Il giorno dell'Ascensione così riferisce una leggenda un Angelo incontrò Gesù che saliva al cielo e gli chiese: "Signore hai già terminato la tua missione?". "Si", rispose Gesù. Poi rivolgendo lo sguardo laggiù verso la terra immersa nel freddo e nell'oscurità, videro un tenue fuoco ardere in un piccolo punto. "Che cos'è?", domandò l'angelo. Rispose il Signore: "Quel piccolo focolare è in Gerusalemme; attorno vi sono riuniti gli Apostoli insieme con mia Madre. Ora, appena sarò tornato il mio piano sarà completato: manderemo laggiù lo Spirito Santo per ravvivare quel focolare così che possa diffondersi per tutta la terra e dare luce e calore a tutti gli uomini". L'angelo, meravigliato, dopo un momento di riflessione disse di nuovo a Gesù: "E se questo non funzionasse?". Il Signore rispose: "Il mio piano è questo e non ne ho altro. Io voglio che nel mondo regni l'amore tra gli uomini". Il dono dello Spirito Santo Aprire senza paura le porte del cuore e della mente allo Spirito Santo, dono del Padre e del Figlio, perché ravvivi anche in noi quel fuoco per renderci capaci di trasformare il mondo, questo è il compito principale del nostro essere cristiani.

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