Disegno di Sergio Toppi

«Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura»(Mc 16, 15). «Se qualcuno si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando ritornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi» (Lc 9, 26).

Pochi giorni fa, il 7 febbraio 2020. a Città del Capo, capitale del Sudafrica, si è disputata una partita di tennis tra Roger Federer e Raphael Nadal. L'evento, arrivato alle VI edizione (la prima è del 2010), si chiama Match for Africa. Dal 2010 ad oggi, si è svolto o in Europa o negli Stati Uniti. Ora, per la prima volta, la «Roger Federer Foundation» ha organizzato l'evento in Africa, che ha visto, oltre alla sfida dei due campionissimi, anche una partita di doppio, presente Bill Gates (quello dei computer Microsoft) con Federer contro Trevor Noah (conduttore televisivo, attore e comico sudafricano) abbinato a Nadal. Tutte celebrità, questa volta «no profit». I traguardi raggiunti sono da record: 52 mila spettatori nell'arena di città del Capo e una raccolta di 3,5 milioni di dollari. La scelta della partita in Sudafrica è stata voluta fortemente da Lynette, mamma di Roger Federer, che è sudafricana. I fondi raccolti sono un investimento a lungo termine, e vanno a sostenere la scuola per i bambini di sei Paesi africani (Sudafrica, Namibia, Botswana, Malawi, Zambia, Zimbabwe). Ecco cosa può fare una pallina da tennis. « Questa mattina, sembri un cronista sportivo». È il nostro Gallo che interviene. «Non sono un giornalista sportivo, lo sai; pratico un po' di tennis, quello sì». «Vuoi far sapere a tutti che porti sempre in macchina la sacca con tuta, scarpe, racchetta e palline da tennis; e che recentemente hai battuto qualche ventenne?». «Sono soltanto un dilettante. Però vorrei svelarti il mio colpo migliore: il dritto lungo linea, sparato contro i pennuti abusivi in campo». Ed eccolo rabbuiarsi all'improvviso. Non certo per lo sfottò tra noi, ma per gli articoli che dominano i giornali sull'epidemia in Cina a causa del «coronavirus». Ancora non si finiscono di contare i morti e i contagiati (oltre mille i morti e 45.000 i contagiati al momento che scriviamo). Già 17 anni fa, un altro di tipo di polmonite mortale, la Sars, aveva colpito la Cina, un gigante con i piedi d'argilla. Le cautele di controllo, fino ad ora, hanno circoscritto il diffondersi della malattia in altri Paesi, e la Medicina corre per trovare i rimedi efficaci con l'aiuto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Forza e niente panico, ci verrebbe da esclamare osservando certi comportamenti virtuosi. Bravo Roger. Bravi i medici dello Spallanzani. Mentre l'epidemia più brutta è sempre «l'epidemia da paura», degli altri, che possono essere malati e contagiosi, e può essere ogni cinese e ogni africano che incontriamo. Gesù non ebbe paura dei lebbrosi, né di accostarsi ai malati. Non confondeva la malattia con il malato. Lui guariva, anzi purificava. Vale a dire che sanava l'anima prima del corpo. In termini tennistici: non prendertela con il fato, il nemico immaginario, ma gioca e rimanda la palla in campo, lo smash decisivo è il tuo.

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«Così fu detto agli antichi; ma io vi dico».
L’ideale religioso degli Ebrei devoti consisteva nell’osservare la legge, attraverso la quale si realizzava la volontà di Dio. Meditare, adempiere la legge, era per l’Israelita la sua “eredità”, “una lampada per i suoi passi”, suo “rifugio”, la sua “pace” (cf. Sal 119). Gesù è la pienezza della legge perché egli è la parola definitiva del Padre (Eb 1,1). Paolo ci dice che “chi ama il suo simile ha adempiuto la legge... Pieno compimento della legge è l’amore” (Rm 13,8-10). Ed è anche in questo senso che Gesù è la pienezza di ogni parola che esce dalla bocca di Dio: “Perché Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito... perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,16-17). Il cristiano è prima di tutto il discepolo di Gesù, non colui che adempie la legge. I farisei erano ossessionati dalla realizzazione letterale e minuziosa della legge; ma ne avevano completamente perso lo spirito. Di qui la parola di Gesù: “Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei...”. L’amore non è prima di tutto un sentimento diffuso per fare sempre quello di cui abbiamo voglia, ma al contrario il motore del servizio del prossimo, secondo i disegni divini. Ed è per questo che Gesù enumera sei casi della vita quotidiana - noi vedremo oggi i primi tre - in cui si manifesta questo amore concreto: la riconciliazione con il prossimo, non adirarsi, non insultare nessuno, non commettere adulterio neanche nel desiderio, evitare il peccato anche se vi si è affezionati come al proprio occhio o alla propria mano destra, non divorziare da un matrimonio valido... Il contrasto con i criteri che reggono il mondo attuale non potrebbe essere maggiore. Per quali valori i cristiani scommetterebbero? Ancora una volta siamo confortati dalla affermazione di Cristo: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24,35).

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,17-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo! Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

Dalla Parola del giorno
«Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli».

Di più
Il testo che la liturgia di oggi ci regala, ci introduce nella prima parte delle "antitesi" del Vangelo di Matteo, cioè in quel discorso di Gesù sulla nuova e radicale interpretazione della Legge. Vorrei sottolineare che questo lungo brano sulla legge, viene dopo - e non è un caso! - quella delle beatitudini. Questo è molto importante perché l'annuncio della logica sovversiva delle beatitudini, precede l'esplicitazione della legge. Cioè: prima il Vangelo e poi la legge, prima la rivelazione e poi la morale. Perdendo di vista questa gerarchia rischieremmo di leggere questo brano di Vangelo solo come un nuovo codice di comportamenti, un' ulteriore casistica a cui fare riferimento. L'evangelista Matteo ci mette in guardia da questo errore: prima viene il dono di Dio e poi la risposta dell'uomo. Di questo testo mi ha sempre colpito un' affermazione di Gesù: "se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli" (v.20). Qui non si tratta di superiorità nella quantità, cioè rispettare più precetti e prescrizioni. Il mondo giudaico aveva già una casistica articolatissima, fatta da ben 613 precetti della legge (248 come le ossa del corpo umano, più 365 come i giorni dell'anno). Fare di più, in senso quantitativo, sarebbe stato davvero molto impegnativo! Il "di più" che Gesù chiede non è nella quantità, ma nella qualità del nostro modo di metterci davanti alla legge di Dio, alla sua volontà. Il "di più" su cui dobbiamo misurarci è sulla qualità della nostra fede. Ripenso ad alcune confessioni che iniziano più o meno con questo ritornello: "Non ho ucciso, non ho rubato, non ho bestemmiato. Cosa devo confessare?". Oggi la Parola di Dio ci da una risposta che esige la conversione del cuore alla novità di Gesù. Non giustificarti perché non hai ucciso. Chiediti piuttosto quanta vita è passata nei tuoi gesti, nelle tue parole, nelle tue scelte quotidiane. Quanto amore si è moltiplicato e condiviso tra le tue mani. Esistono molti modi di uccidere. Certe parole e certi silenzi sono più affilati della spada. Certe distanze sono più letali di una cannonata. Non sentirti a posto perché non hai rubato. Chiediti piuttosto quanto hai saputo donare, come ti sei messo in gioco nelle relazioni, quanto amore hai investito negli incontri che la vita ti ha offerto. Chiediti che ne hai fatto dell'amore che è nelle fibre del tuo corpo: l'hai moltiplicato nel dono o l'hai ammuffito nel possesso? Non sentirti sollevato se non hai bestemmiato. Chiediti piuttosto quanto la tua vita e le tue parole sono state un inno di lode a Dio e al suo amore. Ci sono bestemmie mute, senza voce, cresciute nel rancore e alimentate da delusioni e frustrazioni verso un Dio che è solo la proiezione dei nostri desideri e bisogni. Coraggio, cari amici! Il Rabbì di Nazareth ci invita ad una vita nuova, guidata dal suo Spirito, sostenuta dalla Parola e saziata dal Pane di Vita. Solo dentro questa novità di vita saremo davvero discepoli beati, salati e luminosi!

Buona settimana
don Roberto Seregni

Signore, la tua parola oggi è dolcemente dura e intransigente. Donami uno sguardo puro per vedere negli altri quei fratelli che Tu mi esorti ad amare e amandoli fa' che la mia parola, i miei pensieri siano sinceri, senza riserve, senza ipocrisie, senza dannose connivenze. Amen
Forza e coraggio! I "...Ma io vi dico..." del Signore attestano, prima che i nostri doveri, l'impegno di Dio a nostro favore: è Lui che ci dà la forza di realizzare le verità evangeliche; Dio non è un gendarme, ma un compagno di viaggio fedele e discreto. Cammina accanto a noi, dovunque andiamo...fosse anche nella direzione sbagliata. Ci convince nell'intimo, senza violenza, né forzature. Fidiamoci di Lui, parla per esperienza, ci è già passato, "lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme." (1Pt 2,21).

Disegno di Sergio Toppi

Togliamo a San Paolo Gesù Cristo, e non avrà più ragione di essere nè la sua conversione, nè la sua vita, nè il suo apostolato, nè le sue catene, nè il suo martirio (APim, p. 145).

Vi dico la verità: sono convinto che se ognuno di noi facesse il proposito di evitare le chiacchiere, alla fine diventerebbe santo! È una bella strada! Vogliamo diventare santi? Sì o no? [Piazza: Sì!] Vogliamo vivere attaccati alle chiacchiere come abitudine? Sì o no? [Piazza: No!] Allora siamo d’accordo: niente chiacchiere! Gesù propone a chi lo segue la perfezione dell’amore: un amore la cui unica misura è di non avere misura, di andare oltre ogni calcolo. L’amore al prossimo è un atteggiamento talmente fondamentale che Gesù arriva ad affermare che il nostro rapporto con Dio non può essere sincero se non vogliamo fare pace con il prossimo. E dice così: «Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello» (vv. 23-24). Perciò siamo chiamati a riconciliarci con i nostri fratelli prima di manifestare la nostra devozione al Signore nella preghiera.

Angelus - Piazza San Pietro - Domenica, 16 febbraio 2014

La grotta azzurra (Bruno Ferrero)

Era un uomo povero e semplice. La sera, dopo una giornata di duro lavoro, rientrava a casa spossato e pieno di malumore. Guardava con astio la gente che passava in automobile o quelli seduti ai tavolini del bar. "Quelli sì che stanno bene", brontolava l'uomo, pigiato nel tram, come un grappolo d'uva nel torchio. "Non sanno cosa vuol dire tribolare... Tutte rose e fiori, per loro. Avessero la mia croce da portare!". Il Signore aveva sempre ascoltato con molta pazienza i lamenti dell'uomo. E, una sera, lo aspettò sulla porta di casa. "Ah, sei tu, Signore?" disse l'uomo, quando lo vide. "Non provare a rabbonirmi. Lo sai bene quant'è pesante la croce che mi hai imposto". L'uomo era più imbronciato che mai. Il Signore gli sorrise bonariamente. "Vieni con me. Ti darò la possibilità di fare un'altra scelta", disse. L'uomo si trovò all'improvviso dentro una enorme grotta azzurra. L'architettura era divina. Ed era tempestata di croci: piccole, grandi, tempestate di gemme, lisce, contorte. "Sono le croci degli uomini", disse il Signore,"scegline una". L'uomo buttò con malagrazia la sua croce in un angolo e, fregandosi le mani, cominciò la cernita. Provò una croce leggerina. ma era lunga e ingombrante. Si mise al collo una croce da vescovo, ma era incredibilmente pesante di responsabilità e sacrificio. Un'altra, liscia e graziosa in apparenza, appena fu sulle spalle dell'uomo cominciò a pungere come se fosse piena di chiodi. Afferrò una croce d'argento, che mandava bagliori, ma si sentì invadere da una straziante sensazione di solitudine e abbandono. La posò subito. Provò e riprovò, ma ogni croce aveva qualche difetto. Finalmente, in un angolo semibuio, scovò una piccola croce, un po' logorata dall'uso. Non era troppo pesante, né troppo ingombrante. Sembrava fatta apposta per lui. L'uomo se la mise sulle spalle con aria trionfante. "Prendo questa!", esclamò. Ed uscì dalla grotta. Il Signore gli rivolse il suo sguardo dolce dolce. E in quell'istante l'uomo si accorse che aveva ripreso proprio la sua vecchia croce: quella che aveva buttato via entrando nella grotta. E che portava da tutta la vita.

"Come in un sogno mattutino, la vita si fa sempre più luminosa a mano a mano che la viviamo, e la ragione di ogni cosa appare finalmente chiara" (Ricther).

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