Disegno di Sergio Toppi
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«Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura»(Mc 16, 15). «Se qualcuno si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando ritornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi» (Lc 9, 26).
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«Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
“Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. I grandi maestri dicono che sarebbe meglio non darsi subito come obiettivo l’umiltà. Fissare questo obiettivo fin dall’inizio, significa scivolare impercettibilmente verso una sottile “sufficienza”. Ciò può portare in seguito ad una eccessiva considerazione di se stessi, mentre l’umiltà consiste essenzialmente nel volgere il proprio sguardo al di fuori di se stessi, verso Gesù e verso le grandi realtà della fede, come la grandezza di Dio e la piccolezza dell’uomo, l’eternità e la limitatezza del tempo, la speranza del paradiso e la minaccia proveniente dalle nostre debolezze, la bellezza della santità e l’orrore del peccato. “Chi si umilia sarà esaltato”. Per diventare umili, bisogna cominciare ad amare. È quello che ha fatto Gesù. L’amore misericordioso l’ha fatto scendere dal cielo. L’amore l’ha spinto sulle strade della Palestina. L’amore l’ha condotto a cercare i malati, i peccatori, i sofferenti. Lo stesso amore l’ha portato, senza indugi, alla sua meta, il Calvario, dove “umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8). L’umiltà è stata la forma esteriore della sua carità divina e il suo accompagnatore esterno. L’umiltà è stata un atteggiamento proprio della santa Madre che, per la sua purezza, fu a Dio gradita e, per la sua umiltà, attirò Dio a sé, perché Dio “resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia” (Gc 4,6). Maria era umile perché amava la volontà di Dio e delle persone che erano intorno a lei. “Chi si umilia sarà esaltato”. Come possiamo noi mettere in pratica questa frase del Vangelo? Dovremmo darci come obiettivo la carità primordiale del Vangelo e cercare di servire tutti quelli che incontriamo. Ogni persona è nostro Signore, e in ognuna di esse noi abbiamo il privilegio di servire Gesù.
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Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,1.7-14)
«Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
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Dalla Parola del giorno
«..non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te».
La nuova logica del Regno
Dopo la pausa di settimana scorsa con la festa dell'Assunta, la liturgia ci riporta a meditare una pagina di quell'ampia sezione (9,51 - 19,28) del Vangelo, nella quale Luca - attraverso un viaggio molto teologico e poco geografico - fa avvicinare Gesù a Gerusalemme. In questi intesi capitoli l'evangelista vuole accompagnare il discepolo-lettore alla scoperta di cosa significhi in concreto camminare con Gesù verso la Croce. Siamo a casa di uno dei capi dei farisei e Gesù è invitato a pranzo. Ovviamente, gli occhi di tutti sono posati su di lui. I suoi miracoli, i suoi discorsi pungenti, le sue parabole geniali, erano già saltati di bocca in bocca e, se non bastasse, la sua ultima invettiva contro il potere costituito (Lc 13,31-35) aveva fatto del giovane rabbì di Nazareth uno degli argomenti preferiti nei circoli dei benpensanti. Apparentemente potrebbe sembrare che le regole offerte da Gesù durante questo pranzo, e proposte attraverso due parabole, siano solo norme di buon comportamento. Invece Gesù mira molto più in alto. Non vuole dare delle regole di buon educazione, ma regole del Regno di Dio. Il Rabbì di Nazareth vuole mettere sotto la lente di ingrandimento l'atteggiamento sicuro e orgoglioso dei farisei, che si credono giusti e si illudono di occupare i primi posti. Ciascuno di noi, oggi, è interpellato a scovare il piccolo fariseo che lo abita! Gesù ci mette in guardia: non è la tua presunta giustizia che ti fa guadagnare il primo posto davanti a Dio. Apparenza, intelligenza, fortuna, abbondante conto in banca, buona carriera, fisico sano e sportivo, sono criteri umani di giudizio. Ma nel Regno ciò che conta è l'amore. Su questo saremo giudicati. La seconda parabola di Gesù mira invece a superare la ricerca di simmetria, cioè la parità tra il dare e il ricevere. Il padrone di casa è invitato ad un ribaltamento dei consueti termini di giudizio: non la simmetria, ma la gratuità; non la chiusura, ma l'universalità. Così è il Regno di Dio. Così è il sogno che Gesù custodisce nel cuore per la comunità dei suoi discepoli. In questa nuova logica, prende forma la beatitudine annunciata da Gesù: "Sarai beato perché non hanno da ricambiarti" (Lc 14,14). E' la beatitudine che annuncia la buona notizia del Regno: l'avvento della gratuità; il superamento del dare per avere; l'incertezza a cui espone l'amore, che ti spoglia di tutto, ti fa nudo, autentico, semplice. In una parola sola: vero. Animo, fratelli! Lasciamoci strappare alle vecchie logiche di potere del mondo, permettiamo allo Spirito di guidarci sui nuovi e impegnativi sentieri del Regno.
Buona Settimana don Roberto Seregni |
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Pietà Gesù, Gesù, pietà di me immodesto e superbo, amante dei primi posti. Pietà di me invidioso e vanitoso, desideroso di successo e considerazione, di attenzione e stima, di consenso ed onori. Mi vanto per essere adulato. Esalto le mie virtù e le mie doti, denigrando gli altri. Pietà Signore, di me ingeneroso. Non invito alla mia mensa quanti non possono ricambiare. O Dio, tu sei un Padre che "chiami i poveri e i peccatori alla festosa assemblea della nuova alleanza". Ti chiediamo: "fa' che la tua Chiesa onori la presenza del Signore negli umili e nei sofferenti, e tutti ci riconosciamo fratelli intorno alla tua mensa.
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Passa più avanti. Lo sguardo di Gesù ti cerca, non guarda il posto che occupa, cerca te, ti aspetta... puoi metterti ovunque, perché il posto ce l'hai nel suo cuore. E allora perché continui a metterti in mostra nel desiderio che qualcuno ti noti? Crea amicizia e il posto lo avrai, il posto riservato agli amici... accanto!
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Disegno di Sergio Toppi
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Padre nostro, che sei nei cieli, io ti offro con tutti i sacerdoti Gesù-Ostia e me stesso: perchè ovunque si formi un clima familiare, religioso, sociale, adatto allo sviluppo e alla corrispondenza delle vocazioni (Preghiere, p. 44).
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Gesù dice: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”…Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto» (Lc 14,8-9). Con questa raccomandazione, Gesù non intende dare norme di comportamento sociale, ma una lezione sul valore dell’umiltà. La storia insegna che l’orgoglio, l’arrivismo, la vanità, l’ostentazione sono la causa di molti mali. E Gesù ci fa capire la necessità di scegliere l’ultimo posto, cioè di cercare la piccolezza e il nascondimento: l’umiltà. Quando ci poniamo davanti a Dio in questa dimensione di umiltà, allora Dio ci esalta, si china verso di noi per elevarci a sé; «perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato»
Angelus - Piazza San Pietro - Domenica, 28 agosto 2016
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Il bambù
C'era una volta un bellissimo e meraviglioso giardino. Era situato ad ovest del paese, in mezzo al grande regno. Il Signore di questo giardino aveva l'abitudine di farvi una passeggiata ogni giorno, quando il caldo della giornata era più forte. C'era in questo giardino un bambù di aspetto nobile. Era il più bello di tutti gli alberi del giardino e il Signore amava questo bambù più di tutte le altre piante. Anno dopo anno, questo bambù cresceva e diventava sempre più bello e più grazioso. Il bambù sapeva che il Signore lo amava e ne godeva. Un bel giorno, il Signore, molto in pensiero, si avvicinò al suo albero amato e l'albero, in grande venerazione, chinò la testa. Il Signore gli disse: "Caro bambù, ho bisogno di te". Sembrò al bambù che fosse venuto il giorno di tutti i giorni, il giorno per cui era nato. Con grande gioia, ma a bassa voce, il bambù rispose: "O Signore, sono pronto. Fa' di me l'uso che vuoi". "Bambù", la voce del Signore era seria, "per usarti devo abbatterti". Il bambù fu spaventato, molto spaventato: "Abbattermi, Signore, me che hai fatto diventare il più bel albero del tuo giardino? No, per favore, no! Fa' uso di me per la tua gioia, Signore, ma per favore, non abbattermi". "Mio caro bambù," disse il Signore e la sua voce era più seria, "se non posso abbatterti, non posso usarti". Nel giardino ci fu allora un grande silenzio. Il vento non tirava più, gli uccelli non cantavano più. Lentamente, molto lentamente, il bambù chinò ancora di più la sua testa meravigliosa poi sussurrò: "Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, fa' di me quello che vuoi e abbattimi". "Mio caro bambù," disse di nuovo il Signore "non devo solo abbatterti, ma anche tagliarti le foglie e i rami. Se non posso tagliarli, non posso usarti". Allora il sole si nascose e gli uccelli ansiosi volarono via. Il bambù tremò e disse appena udibile: "Signore, tagliali!". "Mio caro bambù, devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e strapparti il cuore. Se non posso farti questo, non posso usarti". Il bambù non poté più parlare. Si chinò fino a terra. Così il Signore del giardino abbatté il bambù, tagliò i rami, levò le foglie, lo spaccò in due e ne estirpò il cuore. Poi portò il bambù alla fonte di acqua fresca vicino ai suoi campi inariditi. Là, delicatamente, il Signore dispose l'amato bambù a terra: un'estremità del tronco la collegò alla fonte, l'altra la diresse verso il suo campo arido. La fonte dava acqua, l'acqua si riversava sul campo che aveva tanto aspettato. Poi fu piantato il riso, i giorni passarono, la semente crebbe e il tempo della raccolta venne. Così il meraviglioso bambù divenne realmente una grande benedizione in tutta la sua povertà e umiltà. Quando era ancora grande e bello e grazioso, viveva e cresceva solo per se stesso e amava la propria bellezza. Al contrario nel suo stato povero e distrutto, era diventato un canale che il Signore usava per rendere fecondo il suo regno.
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