Disegno di Sergio Toppi

«Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura»(Mc 16, 15). «Se qualcuno si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando ritornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi» (Lc 9, 26).

Il deserto non è facile attraversare. Manca l'acqua, la vegetazione, e le forme di vita sono ridotte al minimo. Eppure nella Bibbia il deserto assume un alto significato simbolico: da una parte la fragilità umana e dall'altra il luogo solitario dove Dio incontra l'uomo. Un esempio, il deserto del Sinai che il popolo di Israele attraversa, liberato dalla schiavitù in Egitto al tempo del faraone Amenophis, (2.300 a. C. circa), diretto verso la libertà nella terra di Canaan (Palestina), guidato da Mosè. Il viaggio durò 40 anni. Un altro celebre deserto per noi cristiani è il deserto di Giuda, dove si ritirò Gesù per 40 giorni a pregare, prima di iniziare la vita pubblica, e dove fu tentato da Satana. Anche il numero 40 è simbolico (quadrigesimo in latino, da cui deriva la parola quaresima) e contiene un messaggio: non è la durata cronologica del tempo che conta, ma “il tempo di Dio” che vuol farsi incontrare, il tempo della vita. La quaresima, che comincerà mercoledì prossimo, evocherà più volte il deserto, e scopriremo che il deserto biblico coincide spesso con il deserto dei nostri cuori assetati, affamati, affaticati. L'acqua dei nostri desideri è salata, il pane della nostra bramosia di possesso è ammuffito. Ma c'è un'oasi lussureggiante poco distante da noi. C'è l'acqua viva della Parola di Dio che zampilla per la vita eterna. E non avremo più sete. C'è un pane eucaristico, disceso dal cielo, Cristo Signore, che è fresco. lievitato dalla croce e dall'amore, abbondante, da distribuire tra i fratelli.

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«La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
Con parole rudi, certamente per far penetrare meglio il suo insegnamento nei nostri cuori duri, Gesù ricorda una delle componenti fondamentali della vita cristiana: essere discepoli. Chi vuole condurre da solo la propria vita è un cieco che conduce un cieco; il buon frutto si trova su di un albero solido, e si è sempre cattivi giudici di se stessi se qualcuno non ci aiuta. Il maestro è Gesù, e noi siamo i suoi discepoli, cioè coloro che si lasciano istruire da lui, che riconoscono la sua autorità sovrana e si fidano delle sue parole. Ma beato colui che, sulla terra, ha saputo scoprire i portavoce di questa autorità, i maestri che non sono di ostacolo all’unico maestro, ma che attualizzano, concretizzano la sua parola, le sue esigenze, ma anche il suo amore attento. Vi sono i maestri secondo l’istituzione, quelli che la Chiesa ci dà, e riconosce come tali. E vi sono quelli che, nascosti, si lasciano riconoscere dai cuori preparati. Ogni uomo deve, nel corso di tutta la sua vita, riconoscersi discepolo di Gesù: seguirlo, obbedirgli e quindi ascoltarlo, al fine di mettere in pratica il suo insegnamento che ci conduce alla vita.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6,39-45)

«La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

Dalla Parola del giorno "Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo" “Il tesoro del cuore” L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
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Chi la scorsa settimana ha fatto fatica a digerire le parole dure del Rabbì, oggi si prepari a spaccarsi i denti! Nel discorso inaugurale di Gesù, che Luca fa iniziare con la chiamata dei dodici (Lc 6, 12-16) e si conclude con la parabola delle due case (Lc 6, 46-49), abbiamo dei testi che ci obbligano a porci delle domande serie e irrinunciabili sulla qualità della nostra fede, sul “di più” – come scrivevo la scorsa settimana – del nostro essere discepoli di Gesù. Il brano che ci viene proposto questa settimana raggruppa tre brevi detti del Rabbì che apparentemente non sono legati né al contesto né tra di loro. L’evangelista, probabilmente, li raduna insieme perché sono un commento forte e provocante al tema della nuova legge inaugurato dalle beatitudini. Vediamoli un po’ più da vicino. Il primo. Se un cieco guida un altro cieco entrambi cadono in un fosso, dice Gesù. Originariamente questa affermazione era riferita ai farisei (Mt 23,16) ma in questo contesto è per ogni discepolo. Ciascuno di noi deve scovare dentro di sé il piccolo fariseo che lo abita e lo imprigiona alla presunzione di essere giusto. E’ questa la cecità da combattere: l’illusione di non avere bisogno di misericordia, di bastare a se stessi e di poter guidare altri. L’evangelista Giovanni ricorda queste parole di Gesù: “Se foste ciechi non avreste alcun peccato, ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane.” (Gv 9,41). Il secondo. In questo notissimo proverbio della pagliuzza e della trave Gesù richiama la necessità fondamentale di cominciare da sé. Prima di criticare, prima di pesare l’altro, prima di puntare il dito, fatti uno scanner e prova a giudicarti con la stessa severità con cui giudichi il fratello. Spesso siamo tremendamente indulgenti con noi stessi e tremendamente severi con chi ci sta vicino. Davanti al medesimo fatto non sempre usiamo la stessa misura: se siamo noi a compierlo ci assolviamo nel giro di pochi istanti, se invece è il vicino di casa, il capoufficio o la suocera allora si corre il rischio di una crisi di stato… Esagero? Il terzo. Nella vita del discepolo ciò che conta è il perché, l’origine delle scelte, la scintilla scatenante, il cuore. La stessa scelta può venire da un cuore malato di protagonismo che cerca solo di mettersi in mostra e di attirare i riflettori su di sé, oppure da un cuore che umilmente vuole servire e mettersi in gioco. Apparentemente, forse, la differenza non è subito davanti agli occhi, ma - come l’evangelista descrive bene nella parabola che segue (Lc 6, 46-49) – un conto è costruire sulla roccia, altro è costruire sulla sabbia. Il cuore dell’uomo è come le fondamenta della casa. Una vita si può costruire sull’ascolto della Parola che si tramuta in scelte operative e concrete, oppure annacquarsi in un ascolto distratto e superficiale. Qui sta la differenza. Coraggio, cari amici! Lasciamoci provocare, ribaltare, sconquassare dalla potenza della Parola del Rabbì! Lasciamo che il soffio dello Spirito ci spogli di tutte le nostre mediocrità, scovi in noi il piccolo fariseo che ci abita e ci sollevi da tutte le nostre cadute! Buona settimana


don Roberto Seregni
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce. Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra.
«Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». Attenzione allora agli inquinamenti della nostra vista. Abbiamo il dovere di purificare il nostro occhio affinché possa vedere nella pienezza della luce che lo stesso Signore ci dona e procedere prima, nella verità e nella carità, alla nostra personale correzione e poi a quelle dei nostri fratelli.

Disegno di Sergio Toppi

Nel Segreto di riuscita: glorifichiamo la bontà di Dio per la vocazione nostra speciale; confessiamo la nostra insufficienza per ogni parte; stringiamo un patto con Dio, in cui ci obblighiamo a cercare sempre e solo la sua gloria e la pace degli uomini; Dio si è già preventivamente obbligato a darci qualunque cosa ci è necessaria (ACV, 210)

“Guardati allo specchio, ma non per truccarti, perché non si vedano le rughe. No, no, no, quello non è il consiglio! Guardati allo specchio per guardare te, come tu sei. ‘Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?’ O come dirai a tuo fratello ‘Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio’, mentre nel tuo occhio c’è la trave?’ E come ci qualifica il Signore, quando facciamo questo? Una sola parola: ‘Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello’.“Per questo è tanto brutto giudicare. Il giudizio solo a Dio, solo a Lui! “Pensiamo oggi a questo che il Signore ci dice: non giudicare, per non essere giudicato.

Cappella Domus Sanctae Marthae - 20 giugno 2016

Una coppia di sposi novelli andò ad abitare in una bella zona molto tranquilla della città. Una mattina, mentre bevevano il caffè insieme, il giovane marito si accorse, guardando attraverso la finestra aperta, che una vicina stendeva il bucato sullo stendibiancheria dal terrazzo e disse: "Ma guarda com'è sporca la biancheria di quella vicina! Non è capace di lavare? O forse, ha la lavatrice vecchia che non funziona bene? Oppure dovrebbe cambiare detersivo!... Ma qualcuno dovrebbe dirle di lavare meglio! O dovrebbe insegnarli come si lavano i panni!". La giovane moglie guardò e rimase zitta. La stessa scena e lo stesso commento si ripeterono varie volte, mentre la vicina stendeva il suo bucato al sole e al vento perché si asciugasse. Dopo qualche tempo, una mattina l'uomo si meravigliò nel vedere che la vicina stendeva la sua biancheria pulitissima e disse alla giovane moglie: "Guarda, la nostra vicina ha imparato a fare il bucato! Chi le avrà detto come si fa?". La giovane moglie gli rispose: "Caro, nessuno le ha detto e le ha fatto vedere, semplicemente questa mattina, io mi sono alzata presto come sempre per prepararti la colazione e ho preso i tuoi occhiali e ho pulito le lenti!". ...Ed è proprio così anche nella vita... Tutto dipende dalla pulizia delle "lenti dei tuoi occhiali" attraverso cui si osservano i fatti. Prima di criticare, sarebbe meglio guardare bene se il nostro cuore e la nostra coscienza sono "pulite" per vedere meglio. Allora vedremo più nitidamente la pulizia del cuore del vicino...
 

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